Un caso recentemente affrontato dallo studio mi suggerisce l’argomento di oggi.
Coppia separata da tempo.
Gli accordi della separazione consensuale prevedevano che le spese, anche quelle relative all”istruzione se superiori ad un certo tetto, si sarebbero dovute concordare.
Ma siccome la pratica spesso differisce dalla grammatica, nel nostro caso il ragazzo si era iscritto alla facoltà di ingegneria e le rette, per circa € 4000/anno (mica quisquilie), anticipate da uno solo dei genitori senza che l’altro venisse coinvolto in modo formale.
Ad un certo punto, quando ormai il percorso di studi universitari del figlio era già concluso, il genitore che aveva sostenuto per intero gli oneri si rivolge a noi per ottenere il rimborso di questa e di altre spese.
Intuibile la difesa del collega che assiste il genitore al quale viene chiesto il rimborso.
“Non hai rispettato la procedura, non mi hai coinvolto nella scelta e quindi non ti pago”: questa in sintesi la difesa. “Dovevi interpellarmi prima di iscriverlo, non sono d’accordo e non pago”.
Noi non pensiamo che le cose stiano proprio così.
Cosa prevede la giurisprudenza in casi simili?
Con una recente decisione 5059/2021 la Cassazione ha stabilito che “in ipotesi di mancata concertazione preventiva delle spese da sostenere nell’interesse dei figli e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del genitore che non le ha anticipate, spetterà al giudice la valutazione in merito alla esistenza di validi motivi di dissenso”.
Quindi il giudice valuterà, anche a posteriori, se la scelta del corso di studi universitari corrisponde all’interesse del figlio.
Nel nostro caso, visto che il corso di laurea prescelto da sicuri sbocchi lavorativi e visto il brillante percorso dello studente, ben difficilmente il giudice potrà ritenere non sussistenti gli estremi i per il rimborso.