Nei primi mesi di quest’anno abbiamo seguito una pratica relativa ad un”amministrazione di sostegno, presso il Tribunale di Milano.
Era stata una di quelle pratiche in cui tutto, proprio tutto, era andato bene, sia in ordine ai tempi (velocissimi) che in ordine agli esiti delle diverse istanze nel tempo depositate (tutte accolte).
Al momento di presentare il consuntivo alla cliente, la signora mi dice: “avvocato, prima di lasciarmi, le chiedo un’ultima cosa: mio padre (il soggetto interessato) ha un patrimonio finanziario veramente ingente. Ha in corso un contratto di consulenza con F….. Bank che sta rendendo il 13% all’anno. Sarebbe un peccato interrompere il rapporto. Veda se si può fare qualcosa. Tenga poi presente che, se sciogliessimo il rapporto oggi, dovremmo pagare circa € 30.000 per la tassa sulle plusvalenze”.
Alla signora avevo già spiegato che, per legge, in caso di tutela o di a.d.s. il tutore deve investire il patrimonio finanziario del soggetto che rappresenta in titoli di stato od equivalenti. Titoli strasicuri, quindi.
“…..si, è ammessa la deroga, ma SOLO per acquistare titoli ben individuati, non per proseguire nel mandato sottostante il contratto di consulenza a norma del quale il promotore finanziario può fare quello che vuole, pur nel rispetto dei parametri del profilo del risparmiatore”.
Concludo: “non vedo perché il giudice dovrebbe assumersi una responsabilità del genere. Io non lo farei, se fossi chiamato a decidere”.
La sfida mi interessava, ma non nutrivo fiducia sull’esito, e poi mi dispiaceva che proprio l’ultimo esito di una pratica andata in un modo molto positivo, fosse invece negativo.
Ricerco precedenti in materia, ma non ne trovo.
Convoco ancora la signora e le dico: “guardi che è molto ma molto difficile che il ricorso venga accolto”.
La cliente mi guarda e ripete: “avvocato, ha fatto il suo dovere e la ringrazio. Mi ha dato tutte le informazioni del caso. Sono consapevole che non sarà facile, ma proviamo”.
“Bene, proviamo” le risposi.
Il 2 di agosto deposito il ricorso, dopo averlo letto e riletto, oltre che modificato e limato più volte”.
Nella giornata di oggi 9 agosto, chiudo lo studio perché sono in partenza.
Ma parto dopo cena e, avendo qualche ora di tempo, vado a fare due passi, portando con me il telefonino.
Meccanicamente mi capita spesso di controllare la mail o la Pec anche fuori dall’orario di lavoro o nel tempo libero.
È quasi una psicosi per me.
Così feci oggi pomeriggio.
Leggo una notifica di qualche minuto prima: tribunale di Milano procedimento Rg …../2021: “accoglimento totale”.
“Eeeeeeeh? Ma dai, non ci posso credere!” penso tra me e me.
Ma a volte la cancelleria sbaglia a comunicare l’esito e pertanto soprassiedo prima di gioire.
Ma non era questo il caso.
Mi fermo, apro il file, lo ingrandisco e… no, la cancelleria non aveva sbagliato.
Chiamo la signora, ma chissà dove è il 9 di agosto. Non mi risponde.
Le mando una mail con allegato il provvedimento e le scrivo un messaggio via WhatsApp.
Sulla via del ritorno, mi arriva la risposta via wa.
“Bene avvocato, questa è proprio un’ottima notizia!! ABBIAMO fatto proprio un buon lavoro….”.
Noto il plurale “abbiamo” e le rispondo: “certo signora, abbiamo fatto un buon lavoro”.
Questa volta ho dovuto riconoscerlo.
Memento audere semper.