Chiunque eserciti la nostra professione si trova quasi quotidianamente a ridimensionare le aspettative dei clienti che, a fronte di inadempimenti contrattuali, avanzano la richiesta di vedersi riconosciuti i danni morali.
Ma in quali casi la parte può seriamente rivendicare il risarcimento dei danni morali?
Vediamo il caso deciso dalla Cassazione con ordinanza 28244/2023.
Una società che gestisce un servizio di trasporto ferroviario viene convenuta da un passeggero che lamenta un ritardo importante nel servizio ed i conseguenti disagi.
In primo e secondo grado gli viene riconosciuto il danno morale, ma la società ferroviaria non ci sta: secondo la sua prospettiva un inadempimento contrattuale non può dar luogo a risarcimento del danno morale, ma solo ai danni patrimoniali.
Secondo la cassazione non è così.
Vero è che, stando al dettato del codice civile (art. 2059), il danno morale può essere riconosciuto solo quando l’illecito integri gli estremi del reato.
Altrettanto vero è però che l’evoluzione del diritto e della giurisprudenza hanno portato a riconoscere tutela risarcitoria al danno morale quando risultano lese situazioni giuridiche di rango costituzionale.
Diritti costituzionali come, nel caso in esame, la libertà di autodeterminazione e di movimento che riceve tutela risarcitoria nel caso in cui il pregiudizio sia grave e serio.
Estremi di gravità ravvisati nel caso in questione, in cui il passeggero aveva affrontato, per un trasferimento locale, un viaggio di quasi 24 ore in assenza di cibo e riscaldamento.