Vediamo il caso deciso dalla Cassazione con l’ordinanza 13844/2025.
È notorio che il fumo è la sostanza maggiormente responsabile del tumore ai polmoni e quindi si potrebbe pensare che questa circostanza escluda la responsabilità dei produttori. Ma è proprio così?
Una donna che ha fumato 20 sigarette al giorno dal 1965 nel 1995 muore per carcinoma polmonare.
I suoi eredi/parenti stretti citano in giudizio il produttore del tabacco e il Monopolio di Stato, ritenendoli responsabili dell’insorgenza della malattia, sostenendo che la fumatrice non era stata informata della pericolosità delle sigarette.
In primo grado il tribunale riconosce le ragioni dei parenti della fumatrice, attribuendole però un concorso di colpa del 50% per la conoscenza della nocività del fumo.
Decisione ribaltata in secondo grado: la causa del danno sarebbe stata la libera scelta della fumatrice di assumere una sostanza dannosa e quindi nessun risarcimento.
Ma come è finita?
Ennesimo ribaltamento: per la Cassazione quella del produttore di tabacco costituisce attività pericolosa, che comporta, così come previsto dall’art. 2050 cc, l’onere di provare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.
Tra queste è annoverabile anche quella di fornire un’informativa specifica sulla cancerogenicità del fumo.
Non basta, quindi, per escludere la responsabilità del produttore la generica consapevolezza della dannosità del tabacco.
Dal momento che l’obbligo informativo sui rischi specifici del fumo è stato introdotto solo nel 1990 con la legge 248, nel 1965 quando la fumatrice ha iniziato ad assumere la sostanza non era consapevole del rischio cancro.
Conseguentemente la sentenza di secondo grado è stata annullata.