Il danno da perdita di occupazione lavorativa: cosa ha deciso la cassazione in un recente caso (Cass. 19355 del 7/7/2023).
Esponiamo innanzitutto la fattispecie.
Una persona, che lavorava come dipendente a tempo indeterminato, aveva subito un incidente stradale, all’esito del quale gli era residuata un’incapacità lavorativa specifica (cioè legata alla sua professione di giardiniere) pari al 20%.
A causa della ridotta capacità, l’azienda lo licenzia e l’ex dipendente, nonostante le ricerche, a causa dell’età e delle condizioni di mercato, non riesce a trovare una nuova occupazione.
Ne segue una causa nei confronti della compagnia e del responsabile del sinistro.
In primo grado il Tribunale liquida il danno in misura pare ai mancati redditi sino al raggiungimento dell’età pensionabile (immaginiamo il salasso…).
La Corte d’Appello è però di diverso avviso, ritenendo che il danno debba essere liquidato in misura pari alla riduzione della capacità lavorativa (20%) non in misura pari all’integrale importo dei redditi che non sarebbero stati riscossi.
Interessante la decisione della cassazione: laddove il danneggiato dimostri di aver perduto il posto di lavoro a tempo indeterminato a causa delle lesioni conseguenti al sinistro, il danno patrimoniale da perdita dei redditi futuri va liquidato in misura pari alle entrate che avrebbe ragionevolmente conseguito in relazione al rapporto di lavoro che ha perduto e non in percentuale. Ciò varrà a meno che il responsabile riesca a dimostrare che il danneggiato avrebbe potuto trovare una nuova occupazione e non lo abbia fatto per sua colpa, nel qual caso il danno da mancata percezione del reddito da lavoro verrebbe liquidato solo in misura percentuale e non totalmente.
Quando si dice probatio diabolica…..