Ma cosa c’entra il cane con le clausole?
Lo vedremo.
La prima regola che ho imparato da praticante quando ho iniziato a lavorare presso uno studio che si occupava di materia assicurativa fu questa: più il contratto di assicurazione è scarno, più sei tutelato in caso di sinistro.
Le esclusioni e limitazioni aumentano in modo proporzionale rispetto al numero delle pagine del contratto.
Ma vediamo il caso deciso dalla cassazione con ordinanza n. 25849/2021.
Un animale domestico, per la precisione un cane, si svincola dal controllo del padrone e causa una danno alla persona del genitore del proprietario.
Ma il proprietario è assicurato, o meglio pensava di esserlo fino a quando la Compagnia gli eccepisce che il danno causato ai genitori è escluso dalla copertura.
Il senso della esclusione è che, trattandosi di assicurazione RCT (responsabilità civile verso terzi), il genitore non è “terzo” rispetto all’assicurato e quindi non vi è copertura.
La garanzia vale per i danni causati ad estranei, ed il genitore non è propriamente un estraneo.
La clausola sul punto, però, è ambigua, tant’è che non si capisce se l’esclusione vale per i genitori in generale o solo se i genitori sono conviventi con l’assicurato.
Secondo il Tribunale, giudice di primo grado, le ragioni stanno dalla parte del consumatore contraente.
La Corte d’Appello, invece, ribalta la decisione: non c’è copertura.
Secondo la Cassazione, che dà ragione all’assicurato, nell’interpretazione del contratto di assicurazione, che deve essere redatto in modo chiaro e comprensibile, le clausole dubbie vanno interpretate contro chi le ha predisposte.
Sarà la parola fine su contratti di assicurazione in cui le clausole occupano pagine e pagine e si fatica a capire se e per cosa si è assicurati?
Ne dubitiamo, però indiscutibilmente questa sentenza segna un punto a favore degli assicurati.