Da tempo si fa un gran parlare di patrimoniale: le finanze erariali sono esangui e lo spauracchio di nuove tasse aleggia sempre più minaccioso.
Occorre innanzitutto premettere che la “patrimoniale” si differenzia dalle imposte sul reddito perché colpisce il valore del bene posseduto e non la rendita, ovvero l’utile od il denaro che il bene rende.
Quindi, se un bene non genera una rendita, la patrimoniale intacca il valore capitale in quanto il proprietario deve attingere alle sue risorse finanziarie per adempiere agli obblighi fiscali.
Tornando alle possibili nuove imposte, si vocifera, ad esempio, della riforma della tassazione in materia di successioni/donazioni: secondo la normativa vigente, nei rapporti tra parenti stretti (es. genitore/figlio) vigono importanti soglie di esenzione che portano ad assoggettare al tributo solo i patrimoni veramente rilevanti.
…ma forse non tutti sanno che nel nostro ordinamento di “piccole patrimoniali” già ne esistono.
Non si tratta di una tassa che colpisce l’intero patrimonio, ma di tributi diversi, che colpiscono beni specifici.
Ricordo, ad esempio, l’IMU, che, ad eccezione dell’abitazione principale, colpisce tutti gli immobili in misura proporzionale al valore catastale.
Ricordo, in secondo luogo, l’imposta di bollo sui prodotti finanziari, che di fatto comporta un costo dello 0,2% anno su tutte le somme detenute dal correntista.
E quanto sopra, in momenti in cui gli investimenti in titoli di Stato hanno tassi negativi e la borsa rimane uno strumento delicato, solo per addetti ai lavori, non è sicuramente un onere di poco conto.
Qualcuno vagheggia l’idea di imbottire il materasso di contante? No!, neppure questa è la soluzione…
Sempre maggiori saranno le limitazioni all’uso del contante ed i relativi costi (prelievi, ecc).
Mala tempora currunt!