Nel corso del mese di agosto avevamo evidenziato la pubblicazione di due interessanti sentenze.
Oggi vediamo la prima (23093/2025) pronunciata a sezioni unite, in tema di rinuncia abdicativa alla proprietà immobiliare.
Ma perchè mai un soggetto dovrebbe rinunciare ad un cespite immobiliare?
Due sono i casi più frequenti.
La rinuncia alla comproprietà (quota di proprietà), caso non infrequente nel caso di successione ereditaria, qualora gli eredi siano numerosi e conseguentemente le quote minime.
Il bene, vista la numerosa platea dei proprietari, sarebbe inservibile e difficilmente cedibile, visto che per vendere un bene in comunione occorre il consenso di tutti.
Ma in tal caso la Legge (art. 1104 c. 1 c.c.) prevede che il compropretario possa rinunciare alla sua quota e che ciò comporta l’automatica espansione delle quote dei non rinuncianti.
Ma la sentenza oggi in commento riguarda il caso diverso in cui l’unico proprietario o tutti i proprietari congiuntamente stipulino un atto unilaterale di rinuncia con l’effetto di trasferire la proprietà del bene in capo al Demanio e quindi allo Stato.
Nel nostro caso l’unico proprietario aveva interesse a sbarazzarsi della sua proprietà situata su terreno franoso, con i conseguenti oneri per la messa in sicurezza.
L’Agenzia per il Demanio aveva quindi impugnato l’atto per nullità e per abuso del diritto previsto dall’art. 827 c.c.: si premierebbero gli scopi egoistici del singolo proprietario che avrebbe la possibilità di trasferire sulla collettività costi esclusivamente suoi.
Ma la Cassazione ha dato torto al Demanio: gli atti abdicativi di rinuncia alla proprietà sono validi, a prescindere dalle motivazioni che muovono il rinunciante.