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Un recente caso risolto dal Garante Privacy ci porta ad esaminare il tema in oggetto.

E’ noto che, nella fase storica che stiamo vivendo in cui tutto corre in rete, le notizie rimangono nel web per anni e i motori di ricerca possono risalire a notizie anche a decenni di distanza.

Il diritto all’oblio consiste, appunto, nel diritto del soggetto interessato alla cancellazione della notizia (che pregiudica la sua reputazione) ad ottenere la cosiddetta “deindicizzazione” ovvero ad ottenere che “Google” od altri motori di ricerca non consentano più di produrre il dato che riguarda la persona in questione.

Nel caso di oggi, il Garante era stato interessato da un soggetto che era stato condannato a due anni di reclusione per detenzione di materiale legato a Al Quaida:

questa persona, appunto, dopo aver scontato la pena, chiedeva la deindicizzazione dal web delle notizie riguardanti il suo arresto.

I Fatti risalivano al 2019 e il ricorrente, che aveva scontato la pena, affermava che la permanenza della notizia sul web, gli avrebbe impedito di ricostruirsi una vita.

Il Garante, però, non ha accolto il ricorso sulla scorta dei seguenti motivi:

1) non si può accogliere la richiesta di deindicizzazione di informazioni recenti, perchè va considerato l’interesse pubblico a reperire le notizie, soprattutto quando le condotte sono gravi,

2) va considerato anche il fattore tempo: nel caso del reclamante, il tempo trascorso tra espiazione della pena e richiesta al Garante era piuttosto breve.

Quindi ricorso rigettato: prevale l’interesse pubblico