È noto che la prassi bancaria prevede che, in caso di conto caduto in successione, tutti gli eredi prestino consenso per lo svincolo delle somme.
Potrebbe sembrare una regola corretta, ma è proprio così?
Immaginiamo che uno dei coeredi voglia, anche solo per ripicca, bloccare anche gli altri.
Ma senza ipotizzare casi limite, ipotizziamo che uno degli eredi non sia rintracciabile o risieda all’estero: è evidente che il disinteresse di uno dei nominati potrebbe bloccare l’esercizio di un diritto per gli altri.
Bene, secondo la cassazione questa prassi non è corretta.
Cass. 27417/2017: “ogni coerede può agire anche per l’adempimento del credito ereditario pro quota, e senza che la parte debitrice possa opporsi adducendo il mancato consenso degli altri coeredi, dovendo eventuali contrasti trovare soluzione nel giudizio di divisione”.
Ma quanto detto non è ancora tutto.
Secondo altra decisione, particolarmente autorevole in quanto resa a sezioni unite ( cass.24657/2007) i crediti ereditari, tra i quali va annoverato anche il saldo attivo del conto corrente, rientrano nella comunione ereditaria e quindi ciascun erede è legittimato alla riscossione non solo della quota, ma anche dell’intero credito.
Con buona pace delle pretese abusive delle banche.